Palazzo cinese

Voce principale: Architettura cinese.
Palazzo cinese
Palazzo Linde (RICOSTRUZIONE) nel complesso palaziale della dinastia Tang (618–907) a Chang'an.
Palazzo Xianyang (MODELLO) della dinastia Qin (221–206 a.C.) a Xianyang.

Per palazzo cinese s'intende il complesso palaziale che ospitava l'Imperatore della Cina e comprendeva la residenza del monarca e della sua famiglia, gli uffici della Corte e del Governo, i giardini/parchi e le necessarie strutture difensive. Si trattava sempre d'infrastrutture considerevoli ed elaborate, sia da un punto di vista planimetrico sia plastico-artistico.

Composto da molti edifici, il complesso palaziale cinese si articolava (e si articola tutt'ora, negli esemplari superstiti, fortunatamente molto numerosi) in vasti spazi aperti circondati da mura e fossati, grandi sale coperte (zh. 殿T, DiànP), in realtà esse stesse veri e propri palazzi, taluni per cerimonie e affari ufficiali, tal'altri di destinazione residenziale, edifici più piccoli, templi, torri, camminatoi coperti, cortili più piccoli, giardini/parchi ed annessi.

Come tutte le manifestazioni dell'architettura del Celeste Impero, il palazzo era edificato in accordo a precise, imprescindibili regole mistico-organizzative frutto del sincretismo tra gli ideali del confucianesimo e quelli dell'antica geomanzia taoista del Feng shui:[1] l'allineamento sull'asse nord-sud del complesso e di qualsiasi singolo edificio; l'ubicazione verso l'esterno degli spazi di destinazione d'uso pubblico e verso l'interno degli spazi di destinazione d'uso privato; ecc.

Nel corso della storia dell'umanità, i complessi palaziali imperiali della Cina detengono i seguenti primati:

Rispetto ad altre strutture caratteristiche dell'età imperiale, la Città Proibita, l'ultimo grande palazzo cinese esistente, fu preservata dai vandalismi devastanti della Rivoluzione Culturale (1966–1976) grazie all'intervento del primo ministro Zhou Enlai che schierò un battaglione dell'esercito a guardia del complesso e ve lo lasciò per un intero biennio.[5] Ciò premesso, l'impatto della Rivoluzione Culturale sullo studio sistematico e la riscoperta archeologica del patrimonio architettonico imperiale pre-Ming, avviatosi in Cina anche a livello di architettura vernacolare sin dagli Anni '30 del Novecento, fu devastante e solo nel corso degli Anni '80 gli studi, le pubblicazioni e gli scavi ripresero,[6] con un vigore tale da permettere, entro gli Anni '90, il proficuo coinvolgimento di studiosi non solo cinesi.[7] Parallelamente, la Città Proibita in primis[8] ma a seguire diverse altre vestigia dei palazzi imperiali cinesi sono entrati a far parte del Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

  1. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Kohrman 1998
  2. ^ (EN) Weiyang Palace: the Largest Palace Ever Built on Earth, su history.cultural-china.com. URL consultato il 17 agosto 2010 (archiviato dall'url originale il 3 marzo 2016).
  3. ^ Bushell 2012, p. 41.
  4. ^ (EN) Francesco Bandarin e Ron van Oers, The Historic Urban Landscape: Managing Heritage in an Urban Century, 2012, p. 17, ISBN 9781119968092.
  5. ^ (ZH) Yinming Xie, Qu, Wanlin, "文化大革命"中谁保护了故宫 (Chi protesse la Città Proibita durante la rivoluzione culturale?), in CPC Documents, People Net, 7 novembre 2006. URL consultato il 25 luglio 2007 (archiviato dall'url originale il 19 maggio 2011).
  6. ^ Knapp 2000, p. 10.
  7. ^ Steinhardt 2016, Prefazione.
  8. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore UNESCO

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